I martiri di Grancona non furono partigiani combattenti, cerchereste invano nell'elenco Caduti per la libertà di questo sito i loro nomi. Furono tuttavia certamente antifascisti e caddero per mano delle brigate nere.
Ma veniamo ai fattti
Come ha raccontato il compianto Giuseppe Sartori, fratello di Ermenegildo, scampato quasi per caso all’eccidio, e come appurato dalle ricerche, i sette caddero per mano di un gruppo di sedicenti partigiani, in realtà militi della Repubblica Sociale Italiana, nel tentativo, operato dai fascisti, di sgominare i primi nuclei di Resistenza operanti nei colli Berici a partire dalla primavera del 1944.
Il movimento partigiano è in questo periodo in fase di strutturazione. I fascisti, subdolamente, tendono la loro trappola; stabiliscono la riunione coi giovani del luogo – una trentina in tutto – per la sera dell'8 giugno, festa del Corpus Domini: hanno promesso armi, equipaggiamenti e il trasferimento dei giovani dei Berici sulle montagne vicentine, dove già operano le formazioni partigiane.
Poche ore prima dell’agguato, però, si diffonde la voce che si tratti di una trappola. Un civile, Alberto Peruffo “Usche”, ascolta per caso in treno la conversazione di un gruppo di fascisti che si vantano per quello che stanno per compiere; sceso, corre in paese ad avvertire che si tratta di un tranello, ma ci riesce solo in parte. Saranno in sette a presentarsi: i nostri sette martiri. Caduti nella trappola, dapprima sono costretti a giurare la loro fede partigiana, poi, all’interno dell’oratorio, vengono torturati per oltre un’ora. Infine, alle 23 circa, sono trascinati oltre la strada, dove vengono finiti a raffiche di mitra. Fra essi resta vivo Silvio Bertoldo, che, trasportato all’ospedale di Montecchio Maggiore, morirà il giorno seguente.
La notizia dell’accaduto si sparge in un baleno: accorrono i famigliari, i parenti, gli amici. Il dolore è indicibile e ad esso si aggiunge la paura di nuove rappresaglie.
Riportiamo ancora una volta i loro nomi
Raffaele Bertesina, classe 1917, sposato e padre di una bambina; Silvio Bertoldo, classe 1920; Attilio Mattiello, classe 1920; Guerrino Rossi, classe 1919; Ermenegildo Sartori, classe 1918; Mario Spoladore, classe 1922; Ernesto Zanellato, classe 1917.
Le strage ebbe conseguenze successive in quanto la pattuglia di "Ursus" venne mandata a rioccupare il territorio con le conseguenze che riportiamo nell'articolo Scontro a San Valentino di Brendola 12 Luglio 1944, successivamente vi fu un altro episodio il 16 agosto 1944:
La pattuglia partigiana di Giovanni Ferrari “Visela” (Brigata “Tre Stelle”), in zona alla ricerca di elementi sui i responsabili dell’eccidio di Grancona, probabilmente a causa di una delazione viene intercettata presso Contrà Pila di Spiazzo dal reparto tedesco dislocato a S. Germano dei Berici e da una squadraccia fascista guidata da Riccardo Agnoletto. Colta di sorpresa la pattuglia partigiana tenta di sganciarsi, ma e colpito il partigiano Anacleto Fortuna “Scintilla” che resta ferito a terra; raggiunto, viene freddato con un colpo sparato a bruciapelo da Riccardo Agnoletto.
Nel dopoguerra a Pederiva di Grancona venne eretto il monumento della foto