Durante il rastrellamento della Lessinia alcune pattuglie furiosamente contrattaccarono dalle parti dei Cracchi e si impadronirono di tutte le carte che potevano. Tra queste anche l'ordine di servizio della Tagliamento firmato dal Comandante Zuccari.
"I banditi catturati, dopo essere stati interrogati, devono essere passati per le armi, o meglio, impiccati. Dovranno prima di morire, specificare l'ubicazione dei campi ribelli e dei campi di concentramento per prigionieri.
Tutte le case che hanno ospitato banditi, dovranno essere date alle fiamme.
Tutti gli uomini appartenenti alle classi richiamate e dei quali non sia accertata l'appartenenza a bande ribelli, fermati e tradotti sotto scorta al comando di Legione per il conseguente avviamento al comando Germanico"
Si segnala il particolare "Dovranno prima di morire, specificare l'ubicazione dei campi ribelli e dei campi di concentramento per prigionieri" , una simile disposizione non era un invito, ma un ordine a torturare i prigionieri, come si evincerà poi dallo stato in cui saranno trovati i giustiziati.
Ma cosa era la Tagliamento? Sebbene avesse operato pesantemente nel vicentino era una formazione mobile, ossia veniva usata in ogni parte del nord Italia dove fosse necessario avere una superiorità numerica per un rastrellamento o altre operazioni di pulizia.
Venivano chiamati ramarri per via del basco verde e della divisa verde scuro. Dall'ottobre '43 alla liberazione insanguinarono molte zone dell'Italia compiendo orrendi massacri, torturando, bruciando. Alla fine pochi pagarono. Una compagnia isolata venne sterminata e i superstiti di questa compagine di violenti li commemorano chiandoli martiri. Per capire chi erano e per non dimenticare ho raccolto e messo insieme alcune informazioni liberamente disponibili.
Nell’estate del 1941 il 63^ Battaglione della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, altrimenti nota come Camice Nere, parte per l’URSS inquadrato nella “3 Divisione Celere”. Combatte sul Dnjeper, ma nel gennaio 1943 viene travolto come tutta l’ARMIR dallo sfondamento russo nell’operazione “Saturno”, alla fine pochi supersiti rientrano in Italia.
Il battaglione viene ricostituite ed entra a far parte della divisione corazzata legionaria “M” (M per Mussolini) che doveva essere il nucleo di una nuova componente dell’esercito, fortemente ideologizzata e fanatica, simile alle Waffen SS. Sta di fatto che il 25 Luglio quando crolla il regime e Mussolini viene arrestato la terribile divisione M resta in stuporosa attesa. Dopo pochi giorni alla “M” viene cambiato il nome in “Divisione Corazzata Centauro”, i quadri (gli ufficiali) vengono cambiati con ufficiali fedeli al re e Badoglio e si comincia a far disciplina e meno ideologia.
L’otto settembre la Centauro non interviene ne’ a favore dei tedeschi, ne’ in difesa del Re. I tedeschi rapidamente mettono le mani sulle dotazione in mezzi corazzati e armi varie (peraltro dotazione ricchissima che nessuno nell’esercito italiano aveva mai avuto) nel frattempo un battaglione di traditori (il 63 di cui abbiamo parlato) abbandona la Centauro, si unisce al battaglione allievi ufficiali di Ostia e al XVI battaglione “M” dando vita alla “Legione Tagliamento”.
Poco dopo si costituisce la Repubblica Sociale (23 settembre 1943); la Legione Tagliamento costituisce una delle prime formazioni armate del nuovo piccolo stato fascista.
Qui occorre ricordare quale fu, fino alla tarda estate del 1944, la politica dei tedeschi verso le forze armate della RSI. I tedeschi non furono mai favorevoli ad un esercito o a delle formazioni che combattessero assieme a loro contro gli alleati. Consideravano gli italiani, come minimo, indisciplinati, con scarso o nullo supporto logistico, più un peso che un reale valore militare. Solo verso l’aviazione e la marina (in ciò comprendendo anche i reparti di terra della X Mas) assunsero un rapporto in qualche modo paritario. Per tutto il resto, fino al rientro in Italia della prima delle 3 divisioni armate dai tedeschi (la Monterosa) usarono le formazioni militari italiane prevalentemente o esclusivamente contro altri italiani.
In tal senso la Legione Tagliamento venne formata, addestrata e armata per operazioni di controguerriglia; Questo quando ancora in Italia le formazioni partigiane non esistevano. vediamo le azioni a cui questa partecipò
L’originaria Tagliamento venne sciolta il 23 Novembre 1943, da tale data sino al 30 novembre 1943, il 63^ Battaglione rimase in Ardea per l'addestramento alla controguerriglia. Poi, in relazione alle tradizioni del Reparto ed alle buone prove fornite nel ciclo di operazioni post-armistiziali. venne autorizzata dal Comando generale della GNR la ricostituzione della Legione "Tagliamento". Il 63^ Battaglione, pertanto, non rientrò alla propria sede di mobilitazione in Udine, ma raggiunse il bresciano.
Quello appena segnalato è un punto essenziale della storia dei ramarri: il 63^ battaglione venne esplicitamente addestrato per l’attività antipartigiana e la Tagliamento venne costituita come formazione antipartigiana. E’ anche il caso di evidenziare la data: il 30 Novembre 1943 sulle montagne non vi erano più di 2000 combattenti partigiani male armati (fonte Giorgio Bocca) . Ciò nonostante i tedeschi già pensavano a formazioni antipartigiane e già vi erano traditori pronti a uccidere altri italiani sapendo che solo quello sarebbero stati chiamati a fare
Ai primi del dicembre 1943, il 63^ Btg si trasferì a Chiari, in provincia di Brescia. E fu qui che il Comando del Battaglione ebbe notizia che sul monte Darfo si erano andati organizzando gruppi di guerriglieri, in possesso di buon armamento.
Il mattino del 10 dicembre, la 1a Compagnia iniziò un'operazione antipartigiana contro questi primi resistenti, la reazione dei partigiani fu forte e vennero uccisi due militi e ferito il comandante di compagnia. La conclusione, dati i rapporti di forza, era comunque scontata e i partigiani vennero uccisi o catturati.
Il 20 dicembre, in relazione al peggioramento della situazione in Valsesia, il Battaglione si trasferì da Chiari a Vercelli dove venne acquartierato nella caserma "Conte di Torino" subito ribattezzata "Tagliamento".
Il giorno successivo il Battaglione si trasferì a Borgosesia, al centro della zona dove i partigiani di Moscatelli avevano iniziato la propria attività ed erano riusciti ad eliminare buona parte delle Stazione dei Carabinieri impadronendosi delle armi.
Moscatelli non era un attendista e attaccò subito i ramarri, ma i partigiani subirono la perdita di uno dei comandanti.
La sera della vigilia di Natale 1943, la 1a Compagnia del battaglione andò a presidiare l'abitato di Crocemosso Santa Maria, istituendo postazioni sui monti di Vallemosso. Il giorno dopo partigiani, fedeli al principio di non lasciare l’iniziativa al nemico, attaccarono infliggendo perdite al nemico. La Tagliamento cominciava a rendersi conto che la lotta partigiana non era la violenza su inermi che aveva attuato in Lazio e Abruzzo.
Il 31 dicembre successivo la Tagliamento risalì la Valsesia scontrandosi con i partigiani e avendo gravi perdite. E’ ancora il caso di evidenziare che la formazione di Moscatelli era una piccola banda lontanissima dai 5000 uomini che l’anno dopo comparvero in splendide divise a Milano.
Per tutto il mese di gennaio la Tagliamento tentò di ripulire la Valsesia con numerose operazioni, un rastrellamento e, perfino, con l’intervento di un treno armato.
Si evidenziò in questa fase uno dei principi fondamentali della guerriglia: se l’occupante vuole tenere il territorio deve impiegare forze molto maggiori dei partigiani, se vuole tenere il territorio deve disperdere le sue forze che, divise, sono attaccabili anche da piccoli gruppi di partigiani.
Nella storia della Tagliamento scritta dai ramarri viene posto a vanto il fatto di aver costretto i partigiani a ritirarsi e di averne occupato le basi. Il che dimostra che, nonostante l'addestramento antipartigiano, non avevano capito nulla, infatti pochi mesi dopo i paesi della Valsesia erano rioccupati da Moscatelli e venne, perfino, dichiarata una “zona libera”.
Di fronte alla irriducibilità dei partigiani che non vogliono capire di aver chi hanno di fronte e continuano a tendere agguati, a circondare a attaccare presidi la Tagliamento ricorre alle rappresaglie incendiando case di civili. La minaccia di fucilare dieci per ogni milite ucciso venne comunicata appena arrivati in Valsesia e messa in atto fin dall’eccidio di Borgosesia il 22 dicembre 1943. Da formazione che, in qualche modo, poteva essere considerata combattente contro un nemico esterno la Tagliamento era passata ad essere una formazione che combatteva solo contro gli italiani.
La Tagliamento gonfia di odio non si fa scrupolo di calpestare quell’onore militare che nel dopoguerra ha spesso vantato e il 15 aprile fucila tre soldati alleati presi con le armi in pugno, ne’ si fa scrupolo di indossare le divise di prigionieri alleati per intrufolarsi tra i gruppi partigiani. Con alterne vicende che vedono comunque crescere costantemente il movimento partigiano e isolare la Tagliamento all’occupazione dei paesi si arriva al 4 Giugno dove la Tagliamento, dopo aver sfilato di fronte a Renato Ricci, parte per le Marche.
Il Comando si dislocò a Sasso Corvaro, in provincia di Pesaro, e i battaglioni fornirono sicurezza ai Pionieri del Genio, intenti alla costruzione della "Linea Verde” che doveva essere una parte delle, poi famosa, linea Gotica. Una buona parte dei volontari della Tagliamento era di origine romana (una compagnia si chiamava significativamente Aniene), Roma era già stata liberata e questi fanatici cominciavano a comprendere che per loro non c’era futuro, nemmeno quello della bella morte dato che non avrebbero mai combattuto al fronte. Ciò non faceva che aumentare l’odio verso tutta quella Italia che non li voleva e li disprezzava.
Nei mesi di giugno e luglio, la Legione intervenne con il peso delle sue armi a tutela della costruenda linea di resistenza, fu un periodo relativamente tranquillo dopo la tensione del servizio in Valsesia.
Alla fine di agosto. quando ormai le Unità in arretramento iniziavano a guarnire la "Linea Verde", la Legione "Tagliamento" si trasferì nel vicentino occupando alcuni paesi: tra i primi Torrebelvicino e Staro, poi Recoaro Terme e a S.Vito di Leguzzano. La Tagliamento partecipò come unità mobile, accanto agli ucraini, a tutti i rastrellamenti del vicentino, furono battuti dai reparti la Piana di Schio, Thiene, l'Altopiano di Asiago, Cima 12 e l'Ortigara.
Il periodo della presenza della Tagliamento nel vicentino è quello che conosciamo meglio e che, negli elementi essenziali, qui riportiamo.
Il giorno 10 Agosto prende stanza a Torrebelvicino e Staro; i rapporti con la popolazione non sono tesi e i torresi sono soprattutto disturbati dal doverli ospitare nelle loro case e a dover provvedere al loro mantenimento. Vi sono subito delle ridislocazioni: la 5 compagnia prende base a S,Vito di Leguzzano, il comando del 63 battaglione si disloca a Reacoro mentre il comando del 1 Battaglione (cammilluccia che troveremo nel rastrellamento della Lessinia) va a Valli di Pasubio assieme alla 4 compagnia, a Staro vi è la 3 compagnia dove milita il giovane tenente Giorgio Albertazzi alla guida del 2 plotone.
Il commento del cappellano don Michele Carlotto su questi soldati "Erano molto numerosi, ragazzi di 18-20 anni, un altro presidio si stabilì a Torrebelvicino: lì ragazzi si 15-17 anni. Erano illusi questi ragazzi; non so se gli ufficiali fossero in malafede. Erano convinti questi ragazzi-militari che avrebbero vinto la guerra, aspettavano con ansia che la bomba missilistica tedesca, la annunciata V2, risolvesse il conflitto. Convinti di poter rifare la marcia su Roma il 28 ottobre. .. Questi fascisti avevano (così giovani) molta paura: pensavano che Valli fosse zeppa di partigiani."
I buoni rapporti con la popolazione di Torrebelvicino non durano molto: cinque giorni dopo l'arrivo, a seguito di un agguato partigiano in cui viene ucciso un tedesco e feriti due militi della tagliamento una parte del paese viene bruciata. Restano senza casa 21 famiglie. Ma l'azione criminale della Tagliamento non si ferma qui.
La tagliamento realizza prorio a Torrebelvicino l'UPI (Ufficio Politico Investigativo), vero e proprio centro di torture per far parlare non solo i partigiani catturati con le armi, ma qualsiasi persona che, lungo una catena di delazioni, sia sospettata di essere un pericolo per la formazione. L'UPI non dipende da alcuna struttura ne' militare, ne' civile. Il colonello Zuccari de dà comunicazione con una circolare interna in cui precisa "L'UPI è alle dirette ed esclusive dipendenze del comandante la Legione che ne è il capo" Immediatamente dopo la costituzione le celle si riempiono e, ironia, uno dei primi ospiti è il padrone di casa (le celle sono collocate in una abitazione civile) che passa dai piani superiori allo scantinato perchè non ritenuto dall'UPI elemento sicuro.
Dal 9 al 14 settembre la Legione fu impiegata nel rastrellamento della Piana di Valdagno e dei Lessini. Subito dopo venne impiegata nel rastrellamento del Grappa dove avvennero gli eccidi che tutti conoscono.
Il 28 ottobre, al termine del ciclo di operazioni sul Monte Grappa. la Legione giunse nell'Alta Val Camonica. dislocando presidi a Ponte di Legno, Temù, Vione, Vezza d'Oglio e Monno, lungo la strada statale n. 42, a Carteno sulla strada Statale n. 39 e a Malonno, a Sud di Edolo. Stabiliti i presidi. il Comando della Legione ordinò ai reparti di effettuare puntate offensive per saggiare la consistenza e la dislocazione delle bande. Tali operazioni, nell'Alta VaI Camonica, abbracciarono il periodo 28 ottobre-4 novembre.
Il 5 novembre ebbero inizio i movimenti verso Sud dell'intera Legione, in relazione ad un ordine che prescriveva di guamire l'imbocco della Val Camonica, a protezione di importanti lavori di fortificazione.
Il Comando della Legione si dislocò a Pisogne; il I Battaglione tra Dario e Marone. con una Compagnia a Zone; il Il Battaglione all'imbocco della Mal Borlezza. Immediatamente venne dato inizio ad operazioni a breve raggio, che investirono le località di Gianico, Costavolpino, Broccasecca
Nel Novembre attivò un ciclo di operazioni assieme alle compagnie delle locali Brigate Nere. Come in tutta l’Italia settentrionale le formazioni partigiane, dopo il Proclama Alexander si erano interrate o temporaneamente sciolte, pur mantenendo legami organizzativi che avrebbero permesso la ripresa in primavera. La scomparsa di due formazioni partigiane nella zona di operazioni fece annunciare dal comando della Tagliamento una vittoria.
La violenza della Tagliamento, non trovando nemici in armi che le si opponessero, si rivolse allora verso i renitenti alla leva con operazioni di polizia casa per casa. Interessate una azione ricavabile dal diario storico della Legione:
“A Sulzano si è proceduto al taglio dei capelli alle seguenti giovani ree di aver continuato per molto tempo una propaganda antitaliana: Maria Biancheiti. Jolanda Bianchetti, Maria Zanola e una figlia del pittore. Inoltre sono state ammonite varie persone di ambo i sessi compreso dan Sandrinelli, sempre per lo stesso motivo”
Come si vede le deprecate rasature post liberazione erano una prassi che era già stata messa in atto dai fascisti.
Alla fine anno il comando della Tagliamento inoltrò un sunto delle operazioni in Valcmonica:
"Perdite subite: Caduti: 2 ufficiali, 3 sottufficiali, 44 legionari; Feriti: 8 ufficiali, 12 sottufficiali, 83 legionari.
"Perdite inflitte: 750 prigionieri nemici catturati; 431 banditi uccisi: 401 banditi catturati; 136 favoreggiatori arrestati; 338 renitenti e disertori catturati.
"Armi e Materiali catturati: 1 cannone da 47/32; 1 mortaio da 81 mm; 8 mitragliatrici di vario modello; 17 fucili mitragliatori italiani e stranieri; 275 moschetti Modello "91" e Mauser; 114 moschetti automatici; 19.000 cartucce per armi portatili; 1.033 bombe a mano; 7 quintali di esplosivi; 10 mine".
A chiunque balza all’occhio la differenza tra armi catturate (503 fucili e mira) e i nemici uccisi o catturati (431 uccisi e 401 catturati) un totale di 832 partigiani uccisi o catturati a cui non corrispondono le armi recuperate: nemmeno pari al numero dei nemici uccisi. E’ evidente che l’azione della Tagliamento si era rivolta, prevalentemente, contro civili o renitenti/disertori considerati come partigiani combattenti. L’azione antipartigiana fu comunque pesante e feroce.
Con la primavera non solo le bande partigiane si ricostituivano, ma i lanci alleati le stavano riarmando. La Tagliamento valutò che il Mortirolo fosse il punto da attaccare e il 21 febbraio iniziò l’azione.
Secondo la storia pubblicata dalla stessa Tagliamento ben il 45% delle forze attaccanti venne ucciso o ferito. Ciò alzò il morale dei partigiani che passarono all’attacco e il 28 febbraio attaccarono la caserma di Viezza D’Olio, ma furono respinti. Per tutto marzo la Tagliamento con il morale basso si limitò a presidiare quel poco territorio che poteva. Riuscì ad intercettare alcuni aviolanci e ritenne che i partigiani fossero in crisi di munizioni, ciò indusse il comando a lanciare di nuovo la Tagliamento all’attacco il 10 aprile 1945 con l’appoggio anche di artiglieria tedesca e truppe da montagna fasciste. Fu un calcolo errato. Dall’11 al 15 aprile la Tagliamento si lanciò all’assalto delle posizioni partigiane venendone sempre respinta. Il 15 aprile si ritirò.
Nei giorni successivi confluirono in Valcamonica truppe in ritirata che volevano aprirsi la strada verso la Germania, ma le Fiamme Verdi, con il sabotaggio dei ponti e il fuoco delle armi le bloccarono. Il 25 Aprile vi fu l’insurrezione nazionale e il generale Cadorna, comandante in capo del Corpo Volontari della Libertà, lanciò un ultimatum alle truppe della RSI che venne fatto pervenire, per mezzo di un parroco, anche al comando della Tagliamento
A questa missiva il Comandante della Legione rispose il 27 aprile, tramite il parroco di Mouno, nei seguenti termini:
"La Valle Camonica è destinata ormai a diventare un campo di battaglia. Le truppe tedesche non si arrendono. Se le "Fiamme Verdi" non compiranno atti di ostilità contro la "Tagliamento", detta Unità non agirà contro le "Fiamme Verdi" stesse.
Ad ogni azione di ostilità da parte delle "Fiamme Verdi" saranno i paesi della Valle a subire rappresaglia".
La ferocia della Tagliamento contro i civili, ancora una volta, non solo non si smentiva, ma veniva certificata da una firma in calce.
A tale proposta il Comando partigiano credette opportuno rispondere al colonnello Zuccari con la seguente lettera:
"Abbiamo ricevuto la sua risposta negativa alla nostra intimazione di resa. Intimazione fattale a nome del Comitato di Liberazione Nazionale per l'Alta Italia.
Avevamo creduto di parlare da soldati italiani ad un soldato italiano, dal quale ci dividevano diversità di ideali e di concezioni politiche, ma al quale ci dovevano unire ancora i legami derivanti dall'aver tutti appartenuto ad uno stesso Esercito che un tempo aveva combattuto gli stessi nemici della nostra Patria.
Ci siamo sbagliati. Lei, signor Merico Zuccari, non è più soldato e nemmeno un italiano, lei è un volgare e sanguinario capo al soldo dei nemici d'Italia.
Cerchi pure di difendere i suoi padroni tedeschi, a minacciare e ad attuare rappresaglie contro le popolazioni innocenti.
Nessun militare della "Tagliamento" sfuggirà alla punizione che lo attende.
Vi diamo una sola parola, e siate ben sicuri che la manterremo: noi "Fiamme Verdi" della "Tito Speri" vi giustizieremo tutti. [Firmato] Il Comandante "Sandro"
Il comando diede l’ordine che i reparti della Tagliamento si dirigessero verso il Tonale per passare nell’area tridentina dove non vi erano partigiani, meno i superstiti delle Compagnie V e 34 che raggiunsero Teglio. Il Battaglione SS italiane raggiunse Tirano
Da Edolo, dopo un giorno di sosta, la Legione giunse a Monno.
Lì 29 aprile 1945 la "Tagliamento", unitamente ad aliquote della V Brigata nera Alpina Mobile e agli elementi dei Presidi della GNR Territoriale, iniziò il movimento da Monno lungo la Strada Statale n^ 42 in direzione del Passo del Tonale. Dopo il passaggio della colonna, i guerriglieri bloccarono le colonne germaniche in movimento sullo stesso itinerario, determinandone la resa
Il due maggio i resti di quella che fu una banda di feroci terroristi scavallò il Tonale e raggiunse il Trentino.
Tre presidi isolati che non erano riusciti a raggiungere il grosso della Legione furono assaliti dai partigiani e i militi, per la maggior parte, uccisi come promesso dal comandante Sandro.