Come potete vedere da un altro documento Il tragico 5 giugno la pattuglia di Ubaldo venne intercettata dalla GNR su delazione della Maria Boschetti di Restena di Arzignano. La Boschetti aveva tre fratelli tutti nelle brigate nere. Dopo la morte di Mario Molon (Ubaldo) il gruppo di Selva di Trissino della Brigata Nino Stella, attraverso la pattuglia di Ursus, la sequestrò e venne processata e condannata a morte. La sentenza doveva essere eseguita di sorpresa sul condannato, così mentre l'accompagnavano nella improvvisata prigione un partigiano le puntò la pistola alla nuca e sparò. La pistola non fece fuoco.
Era comportamento comune che nella prima guerra mondiale chi veniva fucilato e sopravviveva dovesse aver salva la vita. Un codice non scritto però da tutti conosciuto e rispettato. Così alla Boschetti venne offerto di entrare nella formazione dove prese il nome di Katia.
Come primo atto fece catturare il fratello Giuseppe e testimoniando contro di lui in un processo partigiano che lo condannò a morte.
Divise le fatiche e i rischi dei partigiani per due mesi conoscendone la maggior parte.
Nel rastrellamento del 9 settembre tentò di passare ai fascisti, ma fu fermata dal rigido controllo partigiano.
Nella condizione di sostanziale prigioniera venne mandata prima a Recoaro, poi a Brogliano presso Flora Cocco (Lea), poi nella casa di Maria Rasia (Ndia) a Pianacattiva. Qui riesce a far arrivare un messaggio al fratello e i fascisti la liberano.
A questo punto diventa una spietata delatrice provocando l'arresto e la morte di decine di partigiani (non meno di trenta), oltre alla cattura e alla tortura della Flora Cocco e Wilna marchi e altre staffette (vedere la relazione di Wilna Marchi nell'appendice documentaria di "Con la armi in pugno"). Guidò personalmente le puntate delle brigate nere di Valdagno nelle case dei partigiani che aveva conosciuto e assistette alle torture degli arrestati e delle staffette.
Nel dopoguerra viene processata, ma il procedimento viene rinviato perchè incinta; intanto sopravviene l'amnistia.
Tre di considerazioni: la prima è che i partigiani della Brigata Stella furono troppo indulgenti con questa donna, la seconda che la Katia non ebbe mai la minima prospettiva esistenziale: il suo scopo era salvara la sua pelle, anche a costo di far uccidere il fratello e, successivamente passando dalla parte delle Brigate Nere facendo arrestare e torturare senza distinzione tutti quelli che avava conosciuto come partigiani.
La terza e più importante considerazione fu, tuttavia, quella che, concentrando le colpe delle delazioni sulla Katia, impedì la manovra di isudiciamento della resistenza attraverso figure di false spie, manovra che ebbe successo in molte altre parti d'Italia, vedi Menti raffinatissime