Il Comitato Di Liberazione Nazionale, nelle specifiche realtà aveva, prima della fine della lotta, già emesso le sentenze di morte.
Erano state tenute segrete per timore che questi condannati a morte, ormai senza speranza decidessero di morire portando con sè il maggior numero di partigiani possibile.
Così venne fatta balenare l'idea che se questi criminali si arrendevano sarebbero stati consegnati alla giustizia ordinaria. Nel contempo circolò un'altra informazione del tutto priva di fondamento: che il Governo del Sud avesse concesso 3 giorni per le vendette dopodichè anhe i partigiani sarebbero stati processati.
Era, come detto, una informazione priva di fondamento, ma che era credibile perchè era già successo ed era stata messa in atto dai fascisti: dopo l'attentato di Addis Abbeba Graziani, dal letto d'ospedale, firmò un decreto detto "carta bianca" che autorizzava gli italiani a qualsiasi rappresagli. Fu un massacro spaventoso di etiopi.
Per un motivo o per l'altro i fascisti della brigata nera si affrettarono a scomparire, la maggior parte nelle parrocchie. I massimi criminali della Brigata Nera, quelli che avevano torturato, violentato, castrato, invece cedettero le armi e si consegnarono ai partigiani.
Due di questi vennero subito giustiziati. Erano l'assassino del carabiniere Soldà e del medico dalla Bona.
Il Commissario politico Catone diede l'ordine di sospendere tutte le esecuzioni di persone che non fossero state processate dallo stesso comando di Brigata.
Nonostante le condanne già emesse il comando della Stella processò i tre massimi responsabili (Tomasi, Caovilla e Aldrighetto) e li condannò a morte. Del processo venne tenuto verbale con testimonianze e la difesa. Questi verbali furono successivamente passati al vaglio della corte di assise e giudicati perfettamente legittimi.
Non vi furono perciò vendette, ma giustizia.
Nella foto i partigiani della Brigata Stella sfilano allo stadio di valdagno prima di eseguire la sentenza