La guerra di guerriglia ha dei principii. Vengono studiati nelle accademie militari, in particolare in quella di St. Cyr date le sconfitte che l’esercito coloniale francese presen in Indocina (Poi Viet Nam).
I modelli di guerriglia sono sostanzialmente due:
Relativamente al primo modello il SOE aveva la pretesa di dirigerlo attraverso propri ufficiali di collegamento paracadutati presso le formazioni; per operare questa direzione esterna il SOE usava i lanci, ossia i rifornimenti di armi, medicinali, divise e denaro.
Per le situazioni come l’Italia dove il PCI aveva scelto di creare un esercito partigiano che con le armi in pugno attaccasse continuamente il nemico si ponevano, sia per le forze partigiane che per gli occupanti, alcuni problemi che poi i francesi troveranno con il Viet Mihn di Giap.
Le forze partigiane non avevano grande mobilità e nella mobilità potevano muoversi solo a piedi. Ciò significava che l’occupante poteva concentrare in ogni momento una soverchiante forza contro una o l’altra delle formazioni. Ma per fare ciò doveva indebolire i presidi di occupazione del territorio, la cosa permetteva perciò se una formazione era attaccata che tutte le altre circostanti passassero all’attacco contro i presidi dell’occupante o dei collaborazionisti.
Ma per fare questo occorreva che tutte le formazioni dipendessero da un unico comando capace di attivare le formazioni non attaccate.
Fu certamente una grande visione politica quella del PCI di costruire comandi unificati con i rappresentanti di tutti i partiti antifascisti, ma fu anche una decisione militare da cui dipendeva la stessa sopravvivenza di tutte le formazioni. Concezioni territoriali dove la formazione pensava a difendere uno stretto territorio erano destinate ad essere sconfitte, anzi annientate, militarmente dall’occupante.
Questo schema può essere considerato valido fino al settembre 44: le pattuglie volanti della Stella costringevano i tedeschi a mantenere disperse in ogni paese compagnie di militari che avrebbero potuto essere ben più proficuamente utilizzate sulla linea Gotica. Nell’estate Kesselring riuscì a mettere assime una massa strategica antipartigiana di ben 60.000 uomini che fu impegnata dalla Carnia al Piemonte facendo terra bruciata dei territori partigiani. Per quanto dura e terribile sia stata questa offensiva l’operazione fallì perché alla fine i partigiani risorsero sempre e i tedeschi dovettero rioccupare il territorio, o almeno le direttrici di passagio da e per la Germania
Questa necessità di non dipendere esclusivamente da un territorio che forniva viveri e ospitalità poneva alle forze della resistenza armata un altro problema: se non si doveva contare sull’aiuto e il sostegno certo di famiglie e borghi di montagna era necessario che i viveri, i vestiti e la stessa ospitalità fossero pagati o, in alternativa, che fossero presi con le armi. Ma in questo secondo caso ben poco avrebbe distinto una pattuglia partigiana da una banda di rapinatori.
In Italia questo problema fu nettamente risolto attraverso una tassazione dei CLN agli industriali; per il Veneto gli industriali e i possidenti rifugiati in Svizzera ottennero una entrata di 30 milioni di lire dell’epoca al mese; contemporaneamente gli espropridi denaro dovevano confluire ai CLN che poi li distribuiva a seconda delle necessità o delle opportunità politiche. Fu all’interno di tale quadro organizzativo che i 18 milioni di cui la Stella si era impadronita nell’assalto al sottosegretario della marina furono portati al CLN Regionale di Padova ad eccezione di 700.000 lire trattenute dalla formazione.
Lo schema finanziario appena indicato, per la Stella, entrò in crisi nel gennaio 44 e una brigata povera e affamato dovette procurarsi in loco le risorse per sopravvivere.