Il movimento di resistenza armata non sarebbe durato più di un mese se dietro il partigiano combattente non ci fossero state le donne. Donne, per lo più giovani e talvolta giovanissime garantivano i collegamenti tra le varie pattuglie e le varie formazioni e per questo erano chiamate "staffette". Uno, qualche anno fa, disse che garantivano un servizio postale più rapido e migliore di quello delle poste italiane.
Ma non erano solo questo: portavano il cibo ("due seste col bigòlo" raccontò una di queste) nascondevano e curavano i feriti, si recavano dai medici che collaboravano ed erano le sentinelle avanzate che avvisavano delle avvisaglie di un rastrellamento (es. quando veniva ordinato il pane in una certa quantità ai fornai si era capito che si annunciava un rastrellamento).
C'era una differenza fondamentale tra il partigiano e la staffetta. Il partigiano faceva una vita dura, ma era nella pattuglia. Aveva il supporto dei compagni, nei momenti di sconforto, di debolezza o di malattia poteva contare su di loro e, fondamentale, era armato. Nel caso più disperato come fu per "armonica" poteva togliersi la vita; la staffetta era sola. Si muoveva tra belve feroci armata solo del suo coraggio. Come disse il reclutatore ad una grandissima staffetta (Tina Anselmi) "se ti prendono augurati di morire subito". Dopo, man mano che la lotta andava avanti, maturarono politicamente, ma l'inizio fu semplicemente lo schierarsi dalla parte del bene e della vita. Vedevano che i fascisti e i tedeschi ci identificavano con la morte e il terrore, dall'altra parte forse non sapevano bene cosa c'era ma se era l'opposto dei tedeschi e fascisti era certamente la parte giusta. Oltre a questo vi erano i legami familiari: il fratello in montagna, il fidanzato.
Straordinariamente in una società patriarcale dove i padri, come raccontò Teresa Peghin "Wally" non lasciavano alle ragazze la libertà di andare a ballare non si opposero (o se lo fecero evidentemente non furono efficaci) alle scelte delle ragazze.
A questo link vi è l'elenco completo delle partigiane Eroismo femminile l'elenco è stato stilato da "Catone" commissario politico della brigata; furono oltre 50 quelle a cui fu riconosciuto il titolo di partigiana combattente. Donne che ebbero un forza d'animo enorme. Di tutte quelle che svolsero un ruolo come staffette meno di 5 disertarono o passarono dalla parte dei fascisti.
La "Katia" fu un caso a parte e in conseguenza del suo tradimento la Brigata Nera di Valdagno arrestò un gran numero delle donne partigiane che furono ferocemente torturate. Non sappiamo se e quante parlarono sotto tortura, ma si è certi che la quasi totalità resistette senza nulla ammettere.
Su questo lasciamo la parola a Sonia Residori col suo articolo su Patria Indipendente.
L'ultima battaglia delle donne partigiane
Come avete letto si parla delle feroci torture che queste subirono. pubblichiamo la foto di uno degli strumenti di tortura: il telefono da campo. Girando la manovella generava una tensione di 40 Volt che faceva suonare il campanello dell'apparecchio ricevente. Se i fili venivano collegati ai genitali o ai capezzoli provocava dolori fortissimi e convulsioni che portavano allo svenimento
Per dovere d'informazione ricordiamo che i torturatori (che avevano anche trucidato fino alla castrazione i partigiani dei Grilli) - Tommasi, Caovilla, Aldrighetto -vennero fucilati allo stadio dei fiori con gran festa di tutta la popolazione valdagnese
La sede delle violenze e delle torture fu il Palazzo Festari di Valdagno dove, dopo tanti anni, l'amministrazione pose una targa