Da "Sempre con la morte in gola" di Zorzanello - dal Lago
La liberazione della valle dell'Agno fu più complessa di quella della Valle del Chiampo e dell'Alpone, in primo luogo per la quantità e qualità delle unità tedesche e fasciste che vi erano dislocate, in secondo luogo perchè in quei giorni finali tutti dialogarono con tutti e si ebbero repentini cambiamenti di fronte, in terzo luogo la Valle dell'Agno permetteva un collegamento stradale con il trentino a differenza delle valli del Chiampo e dell'Alpone e ciò incanalò molte truppe in ritirata. Tutto ciò comportò un alto numero di vittime tra i partigiani e i civili.
Vediamo i nazifascisti presenti:
A Recoaro era dislocato dal settembre 1944 l'Oberbefehel Sud West, ossia il comando superiore sud ovest e l'Oberkommando der Heeresgruppe Sud (Coando del gruppo di armate sud, oddia la 10^ e 14^ armata tedesche sulla gotica); tutto ciò impegnava non meno di 400 soldati e ufficiali.
A Valdagno c'erano due compagnie (1200 uomini) del Luftnachtrichten betriebsabtailungen zur besondern verwendung 11, tradotto in Reparto informazioni e controllo voli per impieghi speciali; il reparto aveva anche una scuola trasmissioni presso l'attuale asilo di Brogliano che occupava molte Hilferhinnen (ausiliarie) femminili.
Nella città era dislocato il reparto segreto degli incursori della X^ MAS, il gruppo Gamma che operava assieme a marinai tedeschi.
Valdagno era poi diventata la sede dell'archivio dell'OVRA (40 tonnellate di documenti nei sotterranei della Marzotto) con un consistente numero di membri sella polizia politica sotto il comando di Guido Leto.
Infine la più feroce compagnia (La Turcato) della Brigata Nera Faggion.
Tutti questi soggetti si mossero negli ultimi giorni di guerra in modo autonomo, confuso, ma nella direzione di salvarsi la pelle.
I tedeschi dal 25 Aprile se la squagliarono senza avvertire nessuno e i fascisti restarono soli senza la protezione dello scudo militare tedesco; Leto che aveva un immenso capitale che faceva gola a tutti, compresi gli alleati, si era già procurato la protezione per il dopoguerra, ma intanto era necessario passare una brutta settimana. Dopo il 20 aprile i responsabili della polizia politica fascista avevano preso contatto con i comandi della Stella assicurando che al momento buono i loro uomini sarebbero passati con i partigiani.
Il Gruppo Gamma non arrivò a tanto, ma fece trapelare l'informazione che sarebbero rimasti chiusi nella loro caserma fino all'arrivo degli alleati.
Restavano gli assassini torturatori della Brigata Nera: Questi avevano avuto gli ordii da Pavolini di dirigersi verso Milano da dove poi sarebbero andati in Valtellina per una resistenza finale disperata. Purtroppo per i fascisti questa opzione venne subito resa impossibile dalla cavalcata alleata che il 25 arrivò a Verona tagliando la strada per Milano. Preso atto di questo il 26 Aprile il comandante Tommasi sciolse la Turcato e i vari brigatisti corsero a nascondersi infilandosi per la maggior parte nelle canoniche e nelle sacrestie.
La settimana decisiva
Dall'altro lato del fronte operavano i battaglioni storici della Stella: il Romeo (Recoaro), il Brill e il più recente Leo, inoltre dopo il rastrellamento della Piana aveva si era costituito un battaglione di territoriali della Rosselli. Tra garibaldini e azionisti erano 200 gli uomini temprati dai combattimenti precedenti con esperienza e addestramento; si trattava tuttavia di combattenti eccezionali con un coraggio enorme e capaci di decisioni rapide; questi combattenti dovevano esser ei quadri che avrebbero condotto gli uomini in attesa alla battaglia finale. I lanci alleati del mese precedente avevano permesso di "vestire" questi combattenti con qualcosa si simile alle divise talchè sarebbero stati immediatamente riconoscibili come capi nella battaglia finale.
Come detto nella notte tra il 22 e il 23 Aprile la scuola trasmissioni di Brogliano abbandonò il presidio, tra il pomeriggio del 24 e mercoledi 25 von Vietinghoff abbandonò con il suo comando Recoaro, nel corso del 25 tutti i tedeschi avevano lasciato i loro presidi nella valle.
Questa fuga sorprese il comando partigiano che in prospettiva di un o scontro duro aveva ordinato a tutte le pattuglie di concentrarsi a Campodalbero; vuoi per difficoltà di comunicazioe, vuoi per apprezzamento della situazione i comandi di battaglione non eseguirono l'ordine e si apprestarono a far fronte alle truppe tedesche in ritirata che stavano arrivando.
Dal 26 Aprile arrivarono dalla pianure le colonne in ritirata; a seconda della forza queste accettavano di parlamentare o davano battaglia. I partigiani rapidamente avevano istituito un debole posto di blocco al ponte dei Nori e mandato Binda a piazzare una mitragliatrice a San Sebastiano; mitragliatrice che non poteva bloccare le colonne, ma operare una forte azione di disturbo; il problema era che il paese di Cornedo sarebbe stato esposto a rappresaglia come poi avvenne con Pedescala. Per fortuna di tutti questa mitragliatrice non ebbe ad operare. All'epoca era ancora attivo il trenino da Vicenza a Valdagno e i partigiani interruppero la linea ferroviaria al ponte poco a monte di Cornedo.
La prima colonna giunta al posto di blocco nel pomeriggio del accettò di parlamentare e retrocesse verso Priabona. Non parlamentarono ne' retrocessero le successive colonne. Una composta da autoblindo passò rapidamente per Viale Trento sparando in tutte le direzioni,; giuta a Recoaro fu poi attaccata dagli uomini del Romeo presso Staro.
Un'altra colonna fu attaccata nella notte tra il 26 e il 27 aprile dagli uomini della Rosselli e dell'autocentro dell'ex polizia fascista al ponte dei Nori e lungo il viale Regina Margherita. Lo scontro durò fino all'alba e provocò morti e feriti (Giovanni Lora, Francesco Dani, Ugo Zordan), ma alla fine i partigiani in inferiorità numerica e privi di armi pesanti dovettero lasciar passare la colonna. Fu probabilmente questa colonna che poco dopo ai Marchesini di San Quirico uccise due partigiani (Rino e Danilo Torrente) e due civili (Giovanni Sartori e Millo Beltrame) che stavano portando in ospedale una donna ferita dai colpi sparati a San Quirico da una precedente colonna.
Il 28 Aprile una grossa colonna si fernò vicino alla stazione di Trissino. Ci furono alcuni scambi di colpi con una pattuglia del Brill, ma la sera stessa la colonna, con la mediazione del parroco, decise di girare verso Priabona e proseguire verso Schio senza entrare in Paese.
Le colonne che si fecero scudo di ostaggi furono quelle che provenivano dalla Valle del Chiampo e che scendevano da Campanella . Due di queste arrivarono a Valdagno nelle giornata del 27 e l'ultima attraversò il cebtro abitato il 28 aprile con i 16 ostaggi di Altissimo (Vedi La liberazione della Valle del Chiampo) che vennero liberati a Maglio di Sopra sostituiti da 5 giovani valdagnesi. I tedeschi rilasciarono questi ultimi a Staro; subito dopo la colonna venne attaccata dal btg Romeo che la disarticolò e fece molti prigionieri.
Il passaggio di grosse colonne si interruppe nella giornata del 29 aprile; si muovevano tuttavia ancora gruppi di sbandati come quello che provocò lo scontro alla Madonetta di Cereda (L'ultimo scontro)
Il tributo di sangue di questi ultimi giorni di guerra fu molto alto; riportiamo i nomi dei caduti:
A Recoaro: Antonio Storti,
A Valdagno: Giovanni Peretto, Giovanni Lora, Vittorio Lucchesi, Francesco Dani, Giovanni Sartori, Bortolo Beltrame, Danilo Torrente, Rino Torrente, Antonio Ferrari, Francesco dal Lago, Vittorio Liotto, Francesco Novello, Luigi Cracco, Augusto Bernardi, Edoardo Cecchi,
A Cornedo: Francesco Bicego e Marco Zordan,
A Brogliano: Vittorio de Forni
A Castelgomberto: Bruno Cecchetto e Ermenegildo Conforto
A Trissino: Luigi Lazzari e Giorgio Pasqualotto
Morì in giugno per le ferite riportate Ugo Zordan, il valdagnese Marino Meneguzzo preso in ostaggio alla Campanella fu ucciso dai tedeschi a Valli del Pasubio
nell'immagine il battaglione Leo subito dopo la liberazione