dal diario di Pietro Castagna
Il giorno venticinque aprile, al contrario del solito, i tedeschi e fascisti fuggirono dalle caserme e dagli uffici e si ritirarono sui monti, cercando di avvicinarsi sempre più alle proprie famiglie. I partigiani nascosti lungo le strade, li attendevano per disarmarli e concentrarli in luoghi ben sicuri. E ciò per attendere l'arrivo degli alleati, i cui rombi di cannoni arrivavano distintamente fino a noi. Nelle azioni di questi giorni e partigiani furono diretti dal comandante Tigre, che diede sempre prova di grande coraggio e prudenza. Lo stesso giorno del venticinque una squadra di otto tedeschi armati, fu[...] per la Brassavalda, equipaggiati di biciclette e diretta a Valdagno.
La notte del ventisei aprile i partigiani passarono per le nostre strade portandosi verso i centri e i crocicchi delle vie per disarmare i tedeschi, ritornando il giorno dopo coi prigionieri e condurli al campo di concentramento in Campodalbero. Nel giorno piovigginoso del ventisette, tre tedeschi armati si trovarono alla contrada Castagna, diretti verso il monte. Giunti alla località Siesa, quattro nostri giovanotti diedero loro l'alt e spararono un colpo in aria. Un tedesco si fermò, ma vedendo i due compagni fuggire li seguì. Ma fecero i conti senza l'oste. I patrioti spararono loro dietro diversi colpi costringendoli ferti e nel pascolo dei Boschi li disarmarono. Uno dei tre fuggitivi, durante la corsa, si estorse, un piede sicché gli altri due dovettero portarlo Ero a Caorpodalbero.
Nello stesso giorno giorno alle ore dieci antimeridiane, una grande squadra di tedeschi con cavalli e carrette, bene armati, vennero da Crespadoro e in piazza Marana si fermarono. Il loro comandante si mise parlare al Parroco. domandandogli tante cose e chiedendogli del pane. Il reverendo rispose che avrebbe dato del pane soltanto a coloro che avessero deposte le armi. L'ufficiale tedesco gli disse di aver ricevuto ordine dal suo comando di non cedere a nessuno le armi e di non importunare i partigiani, purché li lasciassero passare armati.
Poi con la rivoltella in pugno entrò in canonica, in cucina di un sinistrato e afferrata una cesta di pane se la portò via, Tutta la colonna si mosse alla volta di Valdagno. Alla Brassavalda incontrarono un giovane della classe 1923 Bauce Igino, e lo percossero. Giunti tra Bertoldi e Col del Zovo incontrarono i partigiani, che sebbene in pochi e poco armati, spararono dei colpi in aria, intimando loro di alzar le mani e abbassare le armi. I tedeschi s'intimorirono e spararono solo una raffica di mitraglia ferendo al petto un altro giovane, Dalla Pozza Luigi, che ritornava a casa da Arsiero e che ivi si trovava per caso.
Con questo colpo i partigiani vennero in possesso di diverse armi ed equipaggiamento e così poterono far fronte con più coraggio alle altre squadre, che sarebbero giunte.
Lo stesso giorno, verso le ore quindici altri tedeschi passarono per Marana, ma sentendo che non potevano percorrere la strada che li avrebbe condotti a Valdagno, perché tenuta a vista dai partigiani, si avviarono per il monte. I patrioti che li attendevano verso la Brassavalda, accortisi che erano fuggiti, li inseguirono e a fucilate e a raffiche di armi automatiche, li sbandarono e fecero loro abbandonare le armi, che in seguito furono raccolte dai partigiani. Alle ore diciassette un'altra squadra di circa una quarantina di tedeschi passarono per Marana. Giunti alla strada Croce, che porta alla contrada Ortomanni venne loro dato dai partigiani l'alt e l'intimazione di alzare le mani e abbassare le armi. Le grida dei partigiani e la loro fucileria, furono così assordanti, che fecero rimbombare le valli circostanti.
Chi non fu presente, non può immaginare il lato serio e comico lo stesso tempo, della scena. Dei partigiani rimasero fermi al loro posto, altri perquisirono i tedeschi a uno a uno. Cessato il pericolo fu un accorrere da ogni parte di popolo, uomini, donne e anche bambini, che volevano prestar man forte ai partigiani.
Intanto giunse da Altissimo un'altra squadra di disarmati e tutti assieme furono condotti a Campodalbero.
Pure la stessa sera, alle ore ventidue, altri diciotto tedeschi, con due cavalli e una carretta carica, passando per la contrada Cavaliere, furono fermati e disarmati dagli uomini della contrada e da due partigiani. Furono poi perquisiti nella contrada Pasquali e in seguito condotti a Campodalbero.
La mattina del vent'otto una gran colonna di tedeschi con carri armati si trovavano di passaggio in Altissimo, mentre un'altra di novanta uomini si trovava a Durlo, diretti a passare per Crespadoro.
I partigiani ebbero l'ordine di non attaccare quelli provenienti da Durlo, per tema che quelli di Altissimo accorressero in loro aiuto e facessero rappresaglia. Ma quest'ultimi si avviarono alla volta di Valdagno e furono disarmati. Intanto giunsero a Crespadoro quelli di Durio e furono assaliti dai partigiani, che furono pochissimi, col comandante Tigre, e intimato loro di arrendersi e cedere le armi. Ma i tedeschi non vollero assoggettarsi e ritirati nelle case, sparavano dalle finestre. Nel frattempo, da Valdagno, veniva in rinforzo ai partigiani un'autoblinda, ma arrivata a Cocco, si fermò vedendo finita la lotta, che durò per ben tre ore con la finale vittoria del comandante Tigre coi suoi partigiani.
Le perdite subite dalla S.S. furono di due morti, quattro feriti e un cavallo ucciso, mentre i partigiani rimasero tutti illesi.
Verso sera ci giunse la notizia da Valdagno, liberata giorni prima dai partigiani, che questi avevano presi e messi in prigione parecchi fascisti, fra i quali anche la famosa Catia, ex partigiana, che passata nei repubblicani, tradì molti suoi compagni partigiani e fece mettere in prigione diverse persone, che ai partigiani avevano prestato aiuto. Messa in una gabbia di ferro fu portata per le vie di Valdagno, esposta al pubblico come una bestia rara.
La stessa sera, verso le ore vent'una, passarono per Marana, diretti a Valdagno i prigionieri concentrati a Campodalbero. Erano più di quattrocento uomini, mentre molti altri erano già stati consegnati pure a Valdagno.
Il giormo ventinove aprile ci giunse notizia della cattura del famoso fascista Castegnaro. Questi era fuggito da Valdagno e si era rifugiato nella sua casa bruciata ai Zovo, ove venne acciuffato da quattro suoi paesani, fra i quali anche un nipote. Caricato su un carro trainato da un cavallo e legato con una fune, fu condotto a Castelvecchio, dove dovette ricevere gli sputi e le imprecazioni dei suoi paesani. Fu trasportato poi a Valdagno sempre in piedi sul carro. Gli fu messo il morso e le redini come a un cavallo e lo fecero girare a destra e a sinistra, secondo la volontà del popolo.
Durante la giornata ci giunse per radio la notizia, che non dispiacque al popolo, della fucilazione di Mussolini.
Il giorno primo maggio macchine di alleati passavano per Castelvecchio e Valdagno.
La sera dello stesso giorno, alle ore ventidue, mentre noi tutti della contrada eravamo coricati, fummo svegliati da un trombettio di macchina. Convinti che fossero americani o inglesi, balzammo tutti dal letto e rimanemmo stupiti e lieti al vedere invece giungere in automobile, il nostro fervido patriota "Penna" che diede prova di tanto coraggio e sangue freddo nei diversi scontri coi tedeschi, disarmandoli da solo, anche se in grosso numero. A "Penna" come a tutti i nostri partigiani, la nostra ammirazione
Così ebbe fine quest'epoca dolorosa, piena di avvenimenti straordinari nelle città e paesi. Tutti in movimento e confusione, ma concordi e uniti con lo spirito di abbattere i nazi-fascisti, per riprendere poi la libertà e godere la pace tanto agognata.