Nella foto, da sinistra, Wilna Marchi, Flora cocco, la moglie di Pietro Tovo, Pietro Tovo
Flora Cocco, studentessa universitaria di lettere, futura comandante del battaglione donne della Garemi, dopo la morte del fratello Gaetano, scriverà a Catone, commissario politico della brigata Stella il 23 settembre 1944: “Scrivo a te come a un fratello, perché tale ti voglio considerare dacché il cielo mi ha rapito il caro Leo. La sofferenza mia di questi giorni è, come ben puoi immaginare, indicibile: a qualche attimo di pausa si susseguono lunghe ore di acutissima crisi che mi portano a una completa prostrazione di tutte le forze d’animo e di fisico … E’ questo il primo grande dolore della mia vita e sa solo Iddio quale solco s’incida alla mia anima. … Un solo pensiero mi è di consolazione, ed è la certezza che Leo non ci ha abbandonati, ma il suo spirito aleggia intorno a noi e ci incita a tenere duro e a vendicare lui e i suoi compagni. Ho già espresso il mio desiderio ed ora insisto perché mi sia data presto la gioia di lavorare con voi. Guarda che io sono decisa a tutto: non importa se mi chiederai qualcosa di gravoso o pericoloso, perché sarà allora che io lavorerò con più entusiasmo”
Nata a Brogliano il 27 agosto 1920 da Lionello e Cracco Maria, studentessa della facoltà di Lettere a Padova. Aveva fatto il liceo classico a Valdagno, dove aveva conosciuto Ermenegildo Rigodanzo (Catone) commissario politico della brigata Stella (Garemi). “Il 29 novembre 1944” dichiarerà Flora durante uno dei processi che la videro accusare i suoi aguzzini “io fui arrestata dalla Brigata Nera di Valdagno quale comandante del Btg. Amelia della Brigata Stella. Dopo due giorni fui condotta nella caserma S. Michele a Vicenza, alle dipendenze del Comando Provinciale. Fui interrogata da elementi della g.n.r. e percossa giacché non volevo ammettere quello di cui mi si accusava. Durante il mio arresto fui spesso percossa e torturata: mi facevano mettere le mani in una pressa, o torchio, ed il Visonà Adriano girava la manovella affinché con lo schiacciamento dovessi parlare. Vi era poi Cracco Sereno che mi tirava i capelli. Durante il trasporto in camion da Valdagno a Vicenza il Visonà, che era di scorta, era armato di mitra o fucile”,