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Angelina originaria di S.Benedetto di Trissino è la prima di otto fratelli e sorelle e già al tempo della scuola elementare impara a cucire, diventando poi sarta, portando così un contributo al sostentamento della famiglia.
Angelina, dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, vede tornare dal fronte tanti amici, tra cui Domenico Peruffo, Pietro De Cao e altri; anche il fratello Vittorio fa ritorno a casa. I giovani della sua contrada e del suo paese vivono appartati, nascosti. Non si presentano ai richiami della R.S.I. di Mussolini, che è schierata con i tedeschi occupanti. Dapprima non comprende a fondo il perché del loro comportamento, perché non sa degli incontri che Rigodanzo Alfredo, futuro comandante partigiano, tiene con i giovani del suo paese. Poi si rende conto che diversi amici e anche i suoi fratelli si recano spesso a Selva di Trissino. Sono Piero, Domenico, Angelo, Vittorio, Giovanni (Dal Maso, futuro marito), Rino.
Salgono al comando partigiano che si è formato nel Faldo. E’ l’embrione da cui si sviluppa nella primavera del 1944 la Resistenza civile e armata in quella zona.
La casa di Valente De Cao, suo padre, diventa un punto di riferimento per i combattenti della libertà. Nella contrada De Cao funziona ogni giorno il forno grande per gli uomini del Battaglione Stella (poi Brigata).
Nella sua casa, posta un po’ sotto la contrada e discosta, in posizione sicura, funziona invece il forno per le squadre di passaggio.Aderiscono alla Resistenza tanti amici di Angelina e i fratelli Vittorio, Giovanni e Mario. Lei continua a cucire; cuce anche per i partigiani ed entra a far parte della Resistenza. Vive, con trepidazione e paura, le vicende drammatiche dei rastrellamenti del 9 e del 12 settembre (incendi, distruzioni, morte di civili e di partigiani; in tutto saranno 89 i caduti di quei giorni). Vive pure i giorni della riorganizzazione delle file della Brigata Stella, perché verso la fine di settembre la sua casa diventa una base, che accoglie feriti, ricercati e comandanti (“Catone”, “Ursus”, “Lisy”, “Malga”, “Janes”, “Binda” e altri ancora). Lei è testimone e partecipe.
Il movimento di tanti giovani è però notato e segnalato. La notte del 29 novembre 1944 scatta la retata. Guidate da una delatrice, le Brigate Nere catturano a S.Benedetto e dintorni undici uomini e donne della Resistenza. Tra essi ci sono Angelina e il fratello Mario e l’amico Domenico Peruffo “Tabul” che sarà uno dei martiri di Priabona del 1° dicembre 1944.
L’incarcerazione di Angelina dura fino ai giorni della Liberazione. Sottoposta ad interrogatori, a lusinghe e a minacce da parte fascista e tedesca, riesce però a resistere: non fa nomi nè dà informazioni. Finalmente con la Liberazione riprende la sua vita normale e il lavoro di sarta.
Accetta la corte e l’affetto di Giovanni Dal Maso (“Riste” nella vita partigiana) e insieme formano la loro famiglia e si trasferiscono a Valdagno. Insieme dedicano le loro energie alla famiglia, al lavoro e ai loro ideali di libertà e di giustizia, presenti nell’ANPI, nelle manifestazioni per i caduti della Resistenza, nelle iniziative culturali in loro memoria ed onore. Lei continua ancora questo suo impegno quando, nel novembre 2004, viene a mancare Giovanni. Forte di carattere, ospitale, accetta volentieri nella sua casa gli amici e i compagni della Resistenza e del carcere (tra cui è giusto ricordare Lisetta Daffan, Nora Candia, Bertilla Misté, Isabella Fraccon e le figlie Letizia e Graziella).
Una vita intensa la sua, impegnata, lineare. Un esempio positivo e coerente per tutti.