Mentre pronunciava lo storico discorso in Parlamento ("noi non ci arrenderemo mai") Churchill auspicava che in Francia e nei Paesi occupati si aviluppasse una gigantesca guerriglia. I suoi desideri non vennero ascoltati nemmeno sotto la spinta di de Gaulle. Nella ricerca di una opposizione ai nazisti Churchill e l'Inghilterra si accompagnarono a veri epropri gangster come i Centnici Serbi.
Comunque in segreto Churchill creò il SOE (Servizio esecutivo operazioni); un piccolo esercito destinato ad operare oltre le linee nemiche; in previsione dell'invasione questi combattenti dovevano essere paracadutati nei territori occupati, dotati di una radio, codici di trasmissione e, anche se non si dice, mmolto, molto denaro. Dovevano creare una rete di agenti pronti a insorgere al comando dell'Inghilterra o(per la Francia) di de Gaulle. In attesa dell'ora X dovevano mantenere l'anonimato, passare informazioni, sabotare le comunicazioni e, al bisogno, liquidare qualche spia o qualche torturatore.
Fu chiamato l'essercito delle ombre
Questo esercito clandestino aveva però un punto debole: nelle intenzioni del SOE doveva mettersi agli ordini degli ufficiali paracadutati dall'Inghilterra. La cosa non funzionò.

In Yugoslavia intanto si era formato un esercito di popolo. Guidato da Tito e dai comunisti, ma l'origine era pura difesa: difesa dai Cetnici e dagli Ustascia e/o, coomunque, difesa dalle varie etnie che nelgli anni 90 del 900 scatenarono una guerra feroce. Questo esercito di popolo rapidamente assunse carattere multinazionale e multietnico e, sebbene non numeroso, abbe il sostegno logistico di gran parte della popolazione. E' obbligatorio segnalare che tutte le armi dell'esercito di liberazion e yugoslavo erano state strappate al nemico. Nessun aiuto dagli alleati o dall'URSS  arrivò ai titini fino alle fine del 43.

L'esercito di liberazione yugoslavo costrinse tedeschi e italiani e mantenere impegnate, come presidio, in Yugoslavia ben 22 divisioni; forse a ranghi ridotti, ma se solo la metà fossero state disponibili per Stalingrado l'esito sarebbe stato diverso.

Contro l'esercito Yugoslavo l'asse scatenò cinque offensive: l'ultima circondò 15.000 soldati dell'esercito di liberazione nele foreste della bassa Bosnia; Tito riuscù a portarne fuori dall'accerchiamento 10.000; un soldato su tre si sacrificò per permettere lo sfondamento e la fuga dei compagni. La Sujetzka è qualcosa di epico. In questo frangente una missione inglese raggiunse finalmente Tito e esfiltrò con i suoi soldati. Tale missione riferì quello che aveva visto e il valore militare dell'esercito di liberazione e, finalmente, l'atteggiamento degli inglesi cambiò: non pretesero più di comandare i partigiani, cominciarono a paracadutare armi e munizioni e, cosa ancora più preziosa, a portar via con gli aerei i feriti.

E l'Italia?

In Italia non ci fu resistenza armata fino al 25 Luglio 43. Gli antifascisti erano in galera o al confino; gli antifascisti combattenti si erano spesi in Spagna (circa 3.000), poi erano stati imprigionati in Francia, sorvegliati dai senegalesi, trasferiti nelle carceri italiane, Ma tra loro c'era gente come Longo e fuori dalle prigioni gente come Amendola e Pertini. Nel Confino Longo diede una chiara direttiva: se liberi si doveva sviluppare sibito la lotta armata contro i tedeschi; non importava quanti si era, ogni soldato tedesco impegnato nella lotta antipartigiana era un soldato in meno contro l'URSS. Longo, Amendola, Pertini e altri per tutti i 20 mesi di occupazione rimasero, some si suol dire, nel campo. Longo e Amendola prima a Roma, poi a Milano e Torino.
Il tentativo degli inglesi di dirigere la resistenza italiana ci fu anche in Italia e ne ebbimo gravi conseguenze sul Grappa ("Faremo del Grappa la nostra Verdun" disse l'ufficilale della missione inglese; fu una strage di partigiani). Per la Garemi il rapporto fu con la missione "Freccia" e fu un rapporto tuttosommato profiquo. Altre missioni, con borse piene di soldi tentarono di creare formazioni "autonome" o di dividere le formazioni garibaldine, ma questo è un tema che tratteremo in altro capitolo.
Nel link la battaglia della Sutjeska
https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_della_Sutjeska

Malga campetto

Tutto cominciò da Malga Campetto a sud di Recoaro dove il 6 gennaio si raccolse la prima formazione mandata lassù dal PCI che prese il nome di "banda Fratelli Bandiera".Come  spiegato il PCI intendeva otrganizzare una formazone a Malga Silvagno sull'altopiano di Asiago, ma i quattro comunisti del primo nucleo furono uccisi da altri partigiani devastati dall'odio anticomunista, per avere maggiori notizie su questo episodio guardare alla pagina dell'ANPI https://www.anpi-vicenza.it/malga-silvagno-2019/. Gli assassini vennero poiuccisi dai fascisti.
Aronne Molinari, della direzione del PCI di Padova aveva intanto instradato verso Malga Silvagno Raimondo e Romeo Zanella, persone di esperienza che già avevano cominciato la lotta armata in Friuli. Aramin, appreso della strage di Malga Silvagno, gli indirizzò verso la piana di Recoaro Mille dove furono raggiunti da alcuni partigiani di Schio.
Remo Zanella Giani valutò che la piana id Recoaro mille non era un posto buono per la guerriglie e spostò tutti a Malga Campetto; sulla dorsale tra Recoaro e Campodalbero.
Il posto, seppure scomodo, permetteva di muoversi verso l'alta valle del Chiampo, aggirare Recoaro e arrivare a Posina. La dorsale verso marana offriva inoltre un magnifico cammino di ronda da cui si poteva raggiungere Nogarole e Arzignano.

Il 16 febbraio il gruppo che aveva preso il nome di Fratelli Bandiera  subì un primo rastrellamento che la disperse in pattuglie che agirono in tutta la Lessinia fino alla valle dell'Adige e a est fino a Posina. La formazione si spostò come baricenttro da Malga Campetto a Bosco di Marana, ma non si può dire che avesse una base fissa operando continuamente con una guerriglia di movimento.Si ricompose e il 17 maggio a Malga Campodavanti dove venne costituita la Brigata Ateo Garemi a cui apparteneva il battaglione Stella (costituzione formalizzata due giorni dopo) che ne faceva parte.
Riportiamo l'elenco del nucleo originale di Malga Campetto. Molti nomi li ritroverete.

Bruno Bazzacco "Giorgio" di Vicenza
Gugliardo Piccolo "Bill" di Vicenza
Secondo Cariolato "Guido" di Vicenza
Antonio Cariolato "Moro"
Sergio Mattolin "Aviatore"
Piero Benetti "Pompeo" di Recoaro
Giovanni Garbin "Marte" di Poleo (Schio)
Florindo Bortoloso "Segretario" di Poleo (Schio)
Giacomo Cà Alta "Greco" (cl. 1926) di Schio
Luciano De Rossi "Geck I^" di Schio
Luigi Freschi "Jack" di Schio
Dusolino Scorzato "Ivan" di Torrebelvicino
Danilo Toniolo "John"
Primo Benetti "Ceo" di Recoaro
Visonà Severino (Nave) di Valdagno
Gordiano Pacquola "Oreste" di San Donà di Piave
Clemente Lampioni (Pino) di Padova
Leone Franchini "Franco" di Padova
Branno Guastalla \"Carlo\"di Mantova
Mario Guzzon "Cesare" di San Siro Bagnoli
Partigiano "Selmin" di Conselve
Partigiano di Foggia
Partigiano "Gim" 
Norberto Unziani "Bobi" di Cadoneghe
Mario Molon (Ubaldo) di Recoaro
Antonio Brentan "Bortolo" di Cadoneghe (PD)
Gino Poppi di Cadoneghe (PD)
Giovanni Reschiglian di Padova
Marcello Ciscato di Vicenza
Raimondo Zanella "Giani" di Cadoneghe (PD)
Romeo Zanella "Germano"
Libero Lossanti "Milis"

A sostegno

Wilna Marchi (Nadia)

Piero Tovo (Piero Stella)

Italo Rossi (Pedro)

La Garemi nasce dal primo nucleo di resistenti formatosi nel gennaio 44 a Malga Campetto sopra Recoaro.
Questo nucleo prese il nome di "Fratelli Bandiera" e raccolse i primi resistenti che nell'ottobre-Novembre 43 avevano scelto la via della montagna e poi si erano sciolti per le difficoltà logistiche incontrate.
Occorre dire che fin dall'inizio la formazione che poi prese il nome di XXX Brigata Garibaldi fu una formazione comunista. Fin dai giorni immediatamente successivi al 25 Luglio Luigi Longo diede la direttiva a tutti i comunisti al confii di recarsi, appena liberati, nelle provincie di origine e dei vita a un movimento armato. LO scopo non era quello di una rivoluzione sociale, ma di togliere soldati  tedeschi dal fronte sovietico. Longo e Secchia avevano chiaro che gli alleati potevano essere fermati lungo la penisola da 20-22 divisioni; la presenza di qualche decina di migliaia di partigiani alle spalle avrebbe costretto i tedeschi a impegnare altre 4-5 divisioni a presidio; alla fine i partigiani furono ben 200.000, ma in quel momento non lo si poteva prevedere.
Le direttive di Longo furono, prima di tutto, di creare un sistema logistico che desse da mangiare ai combattenti e un sistema di comunicazioni a mezzo di staffette. Relativamente al sistema di comunicazioni fu Secchia a crearlo e funzionò per tutta la guierra di resistenza.

Per la provincia di Vicenza venne richiamato dal Friuli Raimondo Zanelle, padovano, che assunse il nome di Giani e suo cugino Romeo Zanella; questi dovevano recarsi a Fontanelle di Conco, ma il gruppo comunista venne sterminato da partigiani anticomunisti; Giani, suo cugino e un gruppo di comunisti di Schio si diressero allora a Malga Campetto, sopra Recoaro dove vennero raggiunti da altri partigiani di Valdagno. L'accoglienza delle contrade circostanti fu buona (il parroco di Fongara dimostrò simpatia) e la cetena logistica cominciò a funzionare; nel mese di febbraio i 26 partigiani stanziati a Malga Campetto ebbero il primo pesante scontro con i nazifascisti da cui uscirono vittoriosi.

 

Esercito delle ombre o esercito di popolo?

L'inizio, Malga Campetto
La battaglia di Malga Campetto
Le armi dei partigiani
L'esecuzione di Silvio Apolloni

La fondazione della Garemi

 

Il vero problema dei partigiani non furono le armi quanto le munizioni. La formazione non aveva a disposizione i depositi delle caserme come quelli della IV armata in Piemonte. Le uniche caserme nel vicentino erano a Schio e Bassano; poi c'erano le stazioni dei carabinieri, ma questo è un altro discorso.
Anche le forniture alleate risentivano di questo limite. I particolari li vedremo poi.
L'unica munizione universale era la pallottola cartuccia 9x19 che alimentava indifferentemente pistole e mitra di varia origine. Ne diamo alcune descrizioni dell'uso.

La MP40 era la pistola mitragliatrice in dotazione alle forze armate tedesche, caricatore da 32 colpi, velocità alla bocca 381 m/sec (appena superiore alla velocità del suono), cadenza di tiro 500 colpi/min. peso 4 kg.
Buona affidabilità, scarsa precisione

Calibro 9x19 parabellum

Beretta MP 38, in dotazione alla fascistissima polizia africana (però solo a Roma), ai paracadutisti e alla Decima Mas. Solo dal Luglio del 44 lo ebbero in dotazione le Brigate nere.
Cadenza di tiro 500 colpi/min.
Velocità alla bocca 381 m/sec.
Peso 4.5 kg
Precisione modesta, ma il calcio permetteva un buon puntamento. Le fessure sulla bocca compensavano la naturale deviazione verso l'alto  nello sparo con puntamento da spalla per cui nella raffica la mira veniva mantenuta

Calibro 9x19 parabellum

STEN, Arma inglese di produzione economicissima (meno di 3 sterline) fu prodotta in 4 milioni di esemplari e gli inglesi innondarono con quest'arma i paesi occupati.
Nota come parabelo, pesava solo 3.5 kg aveva la canna molto corta e una velocità alla bocca molto bassa, il che rendeva il tiro utile non superiore ai 50 metri. Caricatore da 32 colpi.
Adatta agli agguati (stava nascosta sotto un impermeabile) e al tiro ravvicinato.

Aveva putroppo un difetto: se cadeva con il colpo in canna sparava a raffica saltellando sul calcio e coprendo un arco completo

Calibro 9x19 parabellum

Con il caricatore a tamburo era il mitra della foto di Al Capone. Arma pesante quasi 5 kg aveva un calibro impossibile: 11.5 mm ossia .45 pollici. 

Le munizioni per quest'arma erano introvabili

Paracadutata i pochissimi esemplari dagli alleati. Non abbiamo visto foto di partigiani della Garemi con quest'arma

Il fucile modello 91 era stata l'arma del Carso e del Piave; una buona arma con otturatore a catenaccio per colpo singolo, ma con un calibro modesto: 6.5 mm. Questo calibro rendeva impossibile l'uso di pallottole tedesche (vedi Mauser 98K -7.98), di munizioni inglesi (7.65) e addirittura di munizione della Breda 37 (mitragliatrice calibro 8), del Bren Inglese (7.65). L'unica altra arma che aveva in comune il calibro era il fucile mitragliatore Breda 30 di cui ognuno cercava di liberarsi data la frequenza di inceppamento. La difficoltà di approvvigionamento delle munizioni faceva in modo che tale arma venisse consegnata agli ultimi arrivati in formazione
L'arma comunque aveva un tiro utile 1000 metri 
Ne venne prodotta una versione a canna corta (per cavalleria) con baionetta ripiegabile. La sezione triangolare della baionetta impediva il richiudersi della ferita e venne considerata dagli alleati arma da crimine di guerra.

Il Mauser 98k era l'arma d'ordinanza della fanteria tedesca, peso simile al 91 era però in calibro 7.98 che aumentava il tiro utile rispetto al nostro 91.
Sebbene negli scontri ne venissero catturati alcuni, le dotazioni di munizioni erano solo quelle prese dai tedeschi ammazzati negli scontri stessi.
Alla richiesta agli alleati se potevano paracadutare munizioni per i fucili tedeschi fu gentilmente risposto che i partigiani erano più vicini di loro ai depositi e che andassero a prenderle dai tedeschi

Il Bren deve il suo nome alle città di Brno (Cekia) ed Enfield (UK) in quanto sviluppato dagli inglesi da un progetto cecoslovacco.
Di peso accettabile (10.35 kg) aveva lo stesso calibro delle munizioni dei fucili inglesi (0.303 pollici o 7.65 mm). buona precisione e soprattutto non si verificavano inceppamenti in nessuna condizione. Funzionava a recupero di gas come il fucile Garand che molti hanno conosciuto a miliare. Lavorava con caricatori a mezzaluna che dovevano essere precaricati, questo limitava la continuità del fuoco rispetto, ad esempio, alla MG42 che funzionava con i nastri. Gli stessi caricatori erano scarsi per cui la squadra addetta all'arma aveva un partigiano che, quando gli altri sparavano, forsennatamente caricava le mezzelune. La canna doveva essere cambiata ogni 3-4 caricatori, ma data la scarsità di munizioni e caricatori si verificò poche volte.
Dalla presa di Roma cominciò ad essere lanciato alle formazioni partigiane. Divenne, ove possibile, l'arma di squadra della pattuglia dove due partigiani portavano uno l'arma e l'altro le munizioni.

Tedesca, La MG42 è da tutti considerata la miglior mitragliatrice di tutta la seconda guerra mondiale. Relativamente leggera (11.6 kg), di altissima cadenza di fuoco (1200 colpi/min), alimentata da nastri di 50 colpi che potevano essere collegati in sequenza. I nastri erano contenuti in cassette di comodo trasporto. La canna doveva essere cambiata e pulita ogni 250 colpi, aveva un  meccanismo rapidissimo di sostituzione della canna ed era ambita da ogni formazione.
Funzionava con lo stesso calibro del mauser (7.98 mm); la canna relativamente lunga le dava un tiro utile di 1000 metri. Funzionava a rinculo limitato di canna, ossia il proiettile esplodendo faceva arretrare di 1.5 cm la canna che sganciava i tenoni dell'otturatore. Come si vede dalla foto l'appoggio a spalla era assolutamente in linea con il rinculo, la raffica non faceva perciò perdere la mira. Efficace fini a 2000 metri.
L'alta precisione con cui era costruita la rendeva sensibile alla polvere e pertanto facile a incepparsi; la meccanica della camera di scoppio permetteva tuttavia una rapidissima soluzione dell'inceppamento.

Ricerche recenti hanno accertato che a Omaha beach una singola MG42 sparò 12.000 colpi in un paio d'ore e fu la massima responsabile dei 2.000 morti americani

Tedesca, La MG34 era precedente alla MG42, dello stesso calibro, stesso peso e stesse caratteristiche aveva una costruzione più laboriosa in quanto molte delle parti che nella MG42 erano ottenute per stampaggio nella MG34 erano ottenute per lavorazione a macchina utensile.
La differenza sostanziale tra le due armi era che nella MG42 la canna veniva sostituita per estrazione laterale mentre nella MG34 ruotava tutto il gruppo che conteneva la massa battente e la canna veniva sfilata all'indietro con tempi di esecuzione molto più lunghi di quelli della MG42.
Veniva perciò usata nelle postazioni fisse come quelle dell'antiaerea o all'interno dei carri armati.
   

Bombe a mano
Classicamente vengono suddivise in granate d'assalto e da difesa. Quelle d'assalto presuppongono che in nemico sia riparato e il lanciatore allo scoperto; quindi hanno una bassa carica esplosiva e schegge leggere (Tipo SRCM,), quelle di difesa al contrario prevedono che il lanciatore sia al riparo e il bersaglio scoperto (es. Le mills o ananas ). Le granate tedesche col manico, prevedendo un lancio più lungo erano più vicine alle granate da attacco che da difesa.
Gli inglesi scaricarono molte Mills, ma non vennero molto usate. 

Pistole

Erano troppe di troppi tipi per riportane le immagini; La maggior parte avevano calibro 9 e si potevano usare le pallottole dei mitra.

Dai tedeschi era ambita la Walther che sebbene di calibro inferiore (7.65) aveva il vantaggio di avere il grilletto a doppia azione (premendolo si armava il cane e si esplodeva il colpo) mentre per quasi tutte le altre armi era necessario tirare indietro il carrello o il cane se si girava col colpo in canna.

Esplosivi Tutti i lanci degli alleati contenevano esplosivi e inneschi, nella primavera del 45 furono molto usati per interrompere le strade, ferrovie e linee elettriche.
Il Tar riferisce di aver usato oltre un quintale di esplosivo per far saltare la strada di Priabona e interrompere l'afflusso di paracadutisti che furono costretti a tornare indietro e a passare per Valle di Castelgomberto e Gambugliano.
Tuttavia inizialmente gli esplosivi erano rarissimi: Pino, che dopo il rastrellamento del 16 febbraio 44 di spinse fino ad Ala di Trento per interrompere la linea ferroviaria dovette prima rubare la dinamite presso la cava di basalto di S.Giovanni Ilarione

Queste erano le armi principali, vennero usate ovviamente molte pistole di varia provenienza e modello.
Russi dei 263 Ost Battalion avevano un uso il PPSH russo, sarà per la difficoltà di strappare tale arma al nemico sarà per la difficoltà di reperire il munizionamento ma non ne abbiamo trovato notizie d'uso
Tra le armi pesanti non vennero usati mortai.

Per i rastrellamenti i nazifascisti non potevano sempre realizzare la sorpresa. In genere dovevano ordinare il pane ai fornai delle valli, poi mettere in allarme le truppe di presidio. Insomma del rastrellamento si veniva a sapere il giorno prima o qualche ora prima. Piero Benetti (Pompeo) di Recoaro il 15 febbraio camminando nella neve andò ad avvertire il gruppo di Malga Campetto che il giorno dopo sarebbe scattato un rastrellamento. Pompeo non aveva il quadro complessivo, ma era sicuro della puntata da Recoaro. Si trattò di un rastrellamento anche ben organizzato perchè i nazifascisti intendevano attaccare da Fongara e sbarrare la fuga salendo da Campodalbero. L'assalto dalla piana dello Sptitz (da Fongara) poteva avvenire sostanzialmente solo attraverso il sentiero che portava a Malga Campetto attraverso Montefalcone. Tuttavia una volta raggiunto Montefalcone (la punta della freccia)  gli attaccanti potevano allargarsi nei boschi.

Più problematica era la situazione verso Campodalbero perchè da questo saliva una strada della prima guerra mondiale che avrebbe permesso si nazifascisti di tagliare la ritirata sullo spartiacque agli uomini di Malga Campetto.

Malga Campetto è rappresentata dal cerchio, la strada da Campodalbero è il tracciato in giallo. La valle verso Campodalbero è tutta cenge alte anche 40 metri, senza sentieri.
Al gruppo era appena arrivato un ufficiale dell'esercito che secondo il Comando Regionale doveva assumere il comando del gruppo, ma Libero Lossanti ("Mils") declinò l'incarico non conoscendo ne' il terreno, ne' gli uomini.

" Giani" -Raimondo Zanella- diede allora l'organizzazione e gli ordini precisi. Divise i 26 uomini in 5 pattuglie.

  • La prima al comando di "Pino" (Clemente Lampioni) doveva subito allontanarsi con gli uomini disarmati per raggiungere, sulla dorsale, il cosiddetto fortino (Malga Frasselle di sopra), grossomodo oltre la vetta innevata sull'immagine precedente.
  • La seconda comandata da Brenno Guastalla "Carlo" di cui facevano parte "Oreste" (Giordano Pacquola), "Bortolo" (Antonio Brentan) e "Ceo" (Primo Benetti) fu spedita dietro alla prima con il compito di bloccare la risalita del nemico da Campodalbero.
  • La terza diretta da "Germano"  (Romeo Zanella) ebbe il compito di mantenere la quota mettendo al sicuro le coperte e il vestiario.
  • La quarta comandata da "Marte" (Giovanni Garbin) ebbe l'incarico di formare la prima linea verso Montefalcone
  • La quinta, attorno allo stesso "Giani", in Malga Campetto, fungeva da riserva tattica pronta ad accorrere dove ve ne fosse stato bisogno.

La battaglia durò tutto il giorno; dalla parte di Montefalcone l situazione fu sempre favorevole ai partigiani, si ebbe un momento di crisi relativamente alla seconda pattuglia, la criticità venne però risolta da "Pino" che messi al sicuro gli uomini disarmati era tornato, con gli altri armati, sui suoi passi e aveva attaccato alle spalle il nemico.
La scarsità di munizioni non permetteva uno scontro prolungato così nel pomeriggio, dopo aver inflitto considerevoli perdite al nemico gli uomini della banda riuscirono ad esfiltrare, senza perdite, o dirigendosi verso Malga Frasselle o lasciandosi cadere nei canaloni pieni di neve. Per questa soluzione metteveno il fucile in mezzo alle gambe e giù in caduta libera. 
"Carlo", in questa disperata discesa, perse le scarpe ed ebbe i piedi congelati. Fu salvato dal precipitare in un dirupo da un compagno che lo afferrò al volo.

"Gian" non solo aveva correttamente indirizzato e diretto la formazione per tutta la battaglia, ma aveva scelto il momento più opportuno per sganciarsi e disperdersi; oltre a ciò aveva dato un luogo di raduno (fonte Abelina a Recoaro) dopo due giorni.

I nazifascisti, rimasti con un pugno di mosche, distrussero l'abitabilità di Malga Campetto; in altri termini distrussero la fontana, bruciarono la legna e ruppero i vetri. "Giani" constatata l'inagibilità di Malga Campetto trasferì il punto di riferimento a Bosco di Marana e avviò, anche per direttive superiori, una strategia di attacco consistente nella formazione di pattuglie mobili di 6-8 persone che percorrevano paesi e contrade facendo propaganda con l'azione. Da quel momento quindi la formazione non fu più un gruppo che attendeva il nemico, ma una banda che il nemico andava a cercarlo e lo affrontava armi in pugno.
Non sono certe le perdite del nemico; "Pompeo" si recò a S.Quirico nella strettoia obbligata che scendeva da Fongara e constatò il passaggio di camion con morti e feriti.
La battaglia ebbe importanti conseguenze su entrambi i combattenti: dopo le prime sanguinose catture e fucilazioni di disertori ora gli antifascisti sapevano di avere sui monti una formazione formidabile e i nazifascisti (che avevano impegnato nell'attacco 400 uomini e armi pesanti) di resero conto che sui monti non vi erano bande di rubagalline, ma formazioni armate e ben comandate.